Il Vietnam di Alessandro Scarano è una terra che, nelle sue fotografie, come un funambolo, si muove finemente tra il reale e l’irreale, tra quello che pensiamo di sapere e quello che ci viene nascosto
Oggigiorno, il viaggio è spesso ridotto a un'esperienza scarnificata di simboli e costruita appositamente per adattarsi al gusto di chiunque. Lontano da ciò che può definirsi davvero "rappresentativo", i luoghi del mondo si sono trasformati in delle Disneyland in mezzo ai rifiuti, contribuendo alla scomparsa di peculiarità, che solo pochi anni prima, erano la storia di interi popoli. In un momento di massima proliferazione di immagini e video, i fotografi continuano ad essere i principali testimoni di questi mutamenti. A scegliere, con macchine che sembrano scegliere prima per loro, cosa raccontare di quei luoghi. Un ruolo oggi più che mai cruciale.
«Quando viaggio non lo faccio nel tentativo di ritrovare me stesso in luoghi lontanissimi da Napoli; viaggiare, per me, vuol dire scoprire cosa si cela al di là della propria casa, in quei territori che sulla carta sembrano averci detto già tutto, ma che in realtà nascondono molto altro; è allontanarsi quanto basta dai pregiudizi e dalle strade comuni per comprendere a pieno la varietà del genere umano» mi racconta Alessandro Scarano, che nel suo profilo Instagram, pieno zeppo di immagini colte in posti inverosimili del Pianeta, va oltre il già visto, per addentrarsi in sentieri dove il quotidiano sembra essere, a tratti, più "vero".
Una delle sue ultime serie fotografiche sul Vietnam è stata l'occasione per riscoprire la fatica dell'andarsi a cercare i contesti che potessero maggiormente parlare - e parlarci - di terre lontane. Immagini faticose, efficaci, vivide, che dalla strada, la dimensione in cui Alessandro si sente più a suo agio, si biforcano in direzioni, spesso, inaspettate. Un approccio, quello della fotografia di strada, che lui definisce «un pretesto per abbattere le barriere e conoscere a fondo i locali».

Da qualche mese seguo assiduamente le scorribande di Alessandro in giro per il mondo. Ogni luogo, nelle sue fotografie, riesce a manifestare l'estemporaneità della fotografia di strada senza tralasciare il contenuto documentaristico. Le persone inquadrate nel suo mirino comunicano sensazioni contrastanti; a metà tra la partecipazione e lo scetticismo, lasciano intravedere nei loro occhi uno spazio vuoto e risicatissimo, che solo lo spettatore, trovandosele davanti, potrà riempire con le proprie sensazioni. Mi piacciono molto, le sue immagini, perché pregne di una sensibilità che solo alcuni fotografi, oltreoceano, riescono a mantenere intatta.
«Faccio più o meno un viaggio all'anno. Ogni 13 Gennaio parto da Napoli e sto via circa un mese. Non conta tanto la distanza ma il fatto stesso di partire», mi svela il fotografo napoletano, che continua: «vedi, è un momento che mi prendo per me, per dedicarlo totalmente alla fotografia e alla scoperta di nuove tradizioni e culture. Partire è il pretesto per fotografare; e per dire "ora posso sentirmi davvero me stesso"». Prima Cuba. Poi il Vietnam. Infine il Messico, la sua ultima tappa. Se i colori e la musica hanno fatto di Cuba un luogo magico, il Vietnam ha conquistato il cuore di Alessandro attraverso i locali, così amichevoli da "farlo sentire a casa".

Nella sua serie sul Vietnam, l'incontro tra l'esotico e il curioso prende piede nelle zone limitrofe ai villaggi. Ma non solo. Il racconto di Alessandro si dispiega lentamente nei soggiorni delle case degli abitanti fino a toccare le strade meno frequentate dai turisti; più intense, e in parte più crude. Questi fotogrammi nascono nel culmine di una sensazione fulminea per poi collidere nel desiderio di sintetizzare l'esprimersi di un pensiero più maturo. Attraverso l'alternarsi di ritratti a mezzo busto e di riprese grandangolari, veniamo catapultati nelle vicissitudini di un popolo nel pieno della sua emancipazione sociale e politica.
Una tappa obbligatoria, quella della consapevolezza e dell'allontanamento dalle "strade prestabilite", che Alessandro mi spiega così: «quando viaggi, normalmente vieni "guidato" verso i posti più turistici. Una cosa che mi colpisce sempre e che sempre cerco di evitare. "Allontanarsi" vuol dire capire a fondo cos'hai davanti, come rispettarlo e metterlo dentro le inquadrature. Per questo, se posso permettermelo, sosto in luogo per mesi. In Vietnam ho potuto uscire quasi subito dal labirinto costruito per i turisti. Grazie alla genuinità dei Vietnamiti (sono stati dolcissimi con me) ho potuto sondare a fondo le loro usanze, conoscere i locali e costruire un racconto che fosse più mio».
Partire è il pretesto per fotografare; e per dire "ora posso sentirmi davvero me stesso" - Alessandro Scarano

E di personalità, nelle immagini, ce n'è tanta; la vediamo emergere dagli angoli più inaspettati del Vietnam. Dalla scelta della tonalità dei colori, freddi, tendenti ai blu, verdi e gialli, che contribuiscono a rendere l'ambiente estremamente rilassante, per poi arrivare alla qualità delle inquadrature, varie, schiette, intriganti, che mettono al centro l'uomo tanto quanto il contesto, veniamo fugacemente rapiti in un vortice di cui la chiave d'uscita risiede squisitamente nell'esperienza visiva di ognuno di noi. Questo Vietnam sembra non stancarci mai.
Tra le parti più efficaci del racconto ci sono sicuramente i ritratti. Negli sguardi dei locali si nota una strana curiosità rivolta verso Alessandro, verso quella piccola macchina fotografica che nasconde storie non ancora pubblicate. Sono languidi, quegli occhi; ricolmi di un'insolita luce: sembrano volerci dire qualcosa in una lingua che sembra sconosciuta ma che in poco tempo diventa, subito, accessibile.
Ogni contatto con i Vietnamiti non è rubato, strappato con la forza; Alessandro ci tiene a sottolinearmelo. «Quando pubblico un ritratto - mi svela il fotografo napoletano - è perché mi sono sentito veramente vicino a quella persona. Ci ho parlato, gli ho spiegato cosa faccio e cosa farò di quella fotografia. Per me è importante tenere fede al patto che instauro con loro. La fotografia, a volte, può essere inutilmente offensiva. Il rispetto prima di tutto». Non rubati, quegli scatti, quindi, ma pensati, testimonianza di un ricordo indelebile, restituito all'esterno.

Quel ricordo, nelle inquadrature di Alessandro, acquisisce l'aurea di un frammento sospeso nel tempo. Le atmosfere degli ambienti, al contempo magiche e crude, restituiscono un'idea del Vietnam appena uscito da una fiaba. E come nelle fiabe, a contribuire al mantenimento della sospensione dell'incredulità, è il contenitore in cui queste continuano a sopravvivere a noi. Un carosello su Instagram, nel caso del Vietnam di Alessandro, ma anche un piccolo box contenente cinque stampe casuali, totalmente realizzato da lui, in tiratura limitata. Un modo per dire che una singola fotografia, per quanto "vera", a volte potrebbe non essere sufficiente.
Eppure, un'immagine in particolare, ha sbalordito Alessandro, facendolo trasecolare: è quella di un bambino che attraversa un sentiero dissestato fatto di erbacce, nebbia e pietre (copertina dell'articolo ndr.). «È stato come trovarmi di fronte ad un sogno» mi dice lui. «C'era questo bambino che si perdeva nella nebbia; non si vedeva quasi niente, neanche i contorni delle case; subito dopo è arrivato un motorino, dal nulla. Velocissimo. Era una scena talmente assurda da essermi rimasta impressa».
Una normalissima apparizione del quotidiano, continuo a pensare, mentre Alessandro mi mostra la stessa fotografia dallo schermo. Normale, o forse dovrei dire "anormale", come lo sono tutte le cose che hanno a che fare con la realtà, spesso più creativa della finzione. E forse è questo fatto a rendermela così speciale.
La fotografia, a volte, può essere inutilmente offensiva - Alessandro Scarano

Sta forse proprio qua la magia del viaggio. Immergersi totalmente in contesti che non ci appartengono tentando di tradurre - per usare le stesse parole utilizzate da Alessandro - quelle "sensazioni che ci fanno sentire vivi e parte di qualcosa di più grande di noi". Attendere, in breve, anche quella minima manifestazione di bellezza per poterci dare una bella pacca sulle spalle e dirci: "ne è valsa la pena!".

La magia del viaggio, ahimè, si esaurisce al ritorno a casa. Tuttavia, Alessandro, non è di quelli che pensa subito al cammino successivo. Tenta di mantenere viva la memoria del tragitto il più possibile. Gli chiedo come faccia, a fare quello che fa, e a farlo così bene. Lui prontamente mi risponde: «Non pubblico immediatamente i lavori che vedi sui miei Social Network. Mi prendo sempre del tempo per far maturare le sensazioni, per ritornare, con la mente, a quei luoghi. Non credo esista altro modo di vivere la fotografia. Ci vuole tempo per capire e capirsi per davvero».
E di Napoli? Cerco di incalzarlo. Parte di quello che siamo è anche dovuto al luogo che abitiamo. Mi chiedo quindi, quanto di quello assorbito nel suo peregrinare in giro per il Pianeta viene riportato, dopo, nelle fotografie della sua città? Alessandro conclude: «Eh, Napoli è oggi per me uno scoglio da superare! Non la fotografo da tanto o, almeno, non come vorrei. Viaggiare mi permette di staccare dal mio lavoro - Alessandro fa servizi fotografici per aziende ndr.- ma anche di potermi sentire libero di inseguire nuovi sentieri. Mi ha fatto capire che ad essere importanti non sono tanto i luoghi ma le persone, e come queste interagiscono con gli ambienti che vivono ogni giorno; che noi occidentali siamo molto privilegiati e che altrove si nascondono storie e volti incredibili. Questo ha cambiato le mie prospettive! Napoli non è più quella di una volta (il turismo di massa ne ha stravolto le fisionomie) ma questo non vuol dire che non abbia più niente da raccontare. Spero in futuro di poter ritornare a vedere la mia città come vedo le altre: fatta di persone e cose straordinarie».





Chi è Alessandro Scarano?
Alessandro Scarano viene da Napoli; è un fotografo professionista. Quotidianamente, tramite il collettivo di 327.Studio, si occupa di produzioni fotografiche per riviste, privati ed aziende. Gira anche video. Quando può, viaggia, tantissimo, alla ricerca di nuove storie di strada da raccontare. Qui Instagram e Sito Web.


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