In "Cicatrici", Niccolò Zorza ci spinge a riconsiderare il nostro rapporto col passato
Come argilla esposta al sole, il nostro corpo registra costantemente ogni passaggio sulle sue deboli membra. Nell'esatto momento in cui una forza, interna od esterna, leggera o fatale, lunga o corta, si imprime sui nostri muscoli, il cambiamento è già in atto: rimangono esposte alla luce le testimonianze di un cambio di stato; amori infiniti, mali sconosciuti, errori di calcolo, che come coccinelle rosse si appoggiano dolcemente sulla pelle rivestendola di segni irti e immortali.
Alcuni le chiamano cicatrici, quei segni, o meglio, «unicità», come li definisce Niccolò Zorza, che nel suo progetto a lungo termine, Cicatrici, si stagliano incontrovertibilmente in paesaggi bianconero di corpi, ormai, trasformati.


Daniele, "Cicatrici", 2022-2024 di © Niccolò Zorza
Seguo il lavoro di Niccolò da diversi mesi e l'ho sempre trovato di un'eloquenza disarmante. Il suo è un progetto che va dritto al punto, che ci emoziona per le unicità dei corpi mostrati e per le parole di ogni protagonista. Per circa due anni, il fotografo ha raccontato le storie di decine di persone caratterizzate da una cicatrice che ha stravolto le loro vite; cicatrici fisiche, morali, psicologiche, che come un fulmine a ciel sereno hanno bussato alle porte di questi individui normalissimi rubandogli zone di quel terreno a loro più caro: la pelle del corpo.


Martina, "Cicatrici", 2022-2024 di © Niccolò Zorza
«Tutto nasce da un servizio fotografico fatto per altri motivi», mi racconta Niccolò, mentre scorriamo i volti assorti di chi si è prestato in studio al suo obiettivo. «Appena Roberta - una delle persone coinvolte nel progetto - mi ha mostrato le conseguenze di una recente operazione alla pancia, ho capito che dietro a quella traccia indelebile c'erano i segni di una battaglia, uno scontro che era stato combattuto, e vinto da lei. Mi sono allora chiesto quanto una "cicatrice", in senso generale e specifico, possa influenzare la vita di ognuno di noi e se poi, queste tracce, possano considerarsi delle "imperfezioni", oppure qualcosa di molto - ma molto! - diverso. Da qui parte Cicatrici e la mia, mai conclusa del tutto, crescita personale».
Cicatrici raccoglie 20 storie, di varia natura e personalità. Il progetto vuole essere un messaggio di uguaglianza e bellezza, rivolto al pubblico e a tutti coloro che, nelle loro "imperfezioni", trovano ancora oggi motivo di dolore e vergogna. Tra le cose più difficili, in un contesto come questo, governato da un dibattito pubblico molto concentrato sul racconto del corpo, è dare significato all'argomento, senza strumentalizzarlo, senza renderlo, come spesso accade nel mondo della spettacolarizzazione della sofferenza, in un'opportunità da sfruttare, da vendere al migliore offerente.
Niccolò mi racconta che è arrivato a prendere totale consapevolezza dell'importanza del percorso dopo mesi e mesi di ricerca. «Quando ho iniziato il lavoro - mi svela -, non ero minimamente conscio della complessità di questo tema. Possiamo solo immaginare quale ricordo porti con sé una cicatrice. Non possiamo sapere, invece, quali conseguenze abbia nelle esistenze delle persone. Ogni cicatrice è diversa, unica; come diversi sono gli individui che le ospitano sul loro corpo».
Non esistono cicatrici di serie A e serie B. Ogni cicatrice porta con sé un ricordo indelebile - Niccolò Zorza


Serena, "Cicatrici", 2022-2024 di © Niccolò Zorza
Tale diversità traspare nei volti che si succedono davanti al suo obiettivo. Donne, uomini, bambini; giovani e anziani; alcuni li conosceva già, altri, invece, hanno risposto all'appello su Instagram. Gli attimi generati dall'incontro inaspettato con individui che hanno scelto volontariamente di mostrarsi alla luce del sole o di una lampada LED, sono attimi di fragilità, di condivisione; istanti talmente forti da costringere Niccolò a raccogliere su di sé il peso di una promessa che mai, per nessuna ragione al mondo, andava tradita.
«Non volevo assolutamente mettere a disagio i miei soggetti», mi svela Niccolò; «sia perché mi stavano volontariamente mostrando una delle parti più dolorose delle loro esistenza sia perché, nel profondo, sentivo di empatizzare tantissimo con le loro storie. Le volevo raccontare, proteggere; renderle un esempio per chi non ha ancora accettato le sue "unicità". Non potevo quindi tradirli, né pensare di andare oltre alla documentazione dei loro corpi. Dovevo solo mettermi davanti a loro e ascoltare quello che avevano da dirmi». Nella realizzazione di una struttura narrativa impattante, il fotografo brianzolo si è concentrato sull'aspetto più sociale e documentaristico del tema, optando, come quei fotografi che tanto lui ha amato e continua ad amare, per il ritratto: la forma più pura di fotografia.
I suoi sono dittici in bianco e nero, dove al volto del soggetto in primo piano viene contrapposta la sua cicatrice: «ritratti nel ritratto», come dice lo stesso Niccolò, che ci suggeriscono una catarsi totale dell'individuo. Nelle sue fotografie, ogni viso e traccia del passato vengono fuori da un nero soffocante; e da lì ritornano a risplendere, sotto una luce caravaggesca che ne dipinge ovali perfetti; spiragli di speranza e amor proprio, che ci guidano in storie straordinarie di persone molto comuni.


Rebecca, "Cicatrici", 2022-2024 di © Niccolò Zorza
Tutte e venti le storie sono uniche, in qualche modo. C'è quella di Serena, atleta di Triathlon, rimasta con una gamba semi paralizzata a causa di una necrosi - ma con ancora la voglia di correre, e mettersi in gioco. E poi quella di Daniele, che seppur ha visto amputata la gamba dopo un incidente stradale, continua a correre con la sua moto, e a vivere più forte di prima. Una però in particolare mi ha incuriosito, essendo tra le poche che presenta due soggetti, con la stessa cicatrice. «È la storia di Flavio e Massimo» mi dice Niccolò; «padre e figlio colpiti dallo stesso problema al cuore e oggi legati, per una strana e avversa sorte, da un ulteriore segno indelebile. Questo, invece di allontanarli, li ha avvicinati. Poter raccontare la loro storia mi ha dato molto da pensare; a volte la sofferenza può trasformarsi in altro».


Flavio, "Cicatrici", 2022-2024 di © Niccolò Zorza
E di sofferenza e rinascita, Cicatrici, ne è piena. Strabordano, probabilmente, nella varietà di queste testimonianze provenienti da tutta Italia (in futuro, Niccolò ha intenzione di ampliarle ancora, coinvolgendo altre etnie e esperienze di abusi). Le cicatrici segnano i corpi e li rendono "differenti"; se già questo non bastasse a contribuire al gioco malsano dell'imperfezione estetica, ad intervenire secondariamente sono i tratti somatici e la pelle degli individui: ulteriori marchi, che ci rendono ancora più estranei agli occhi della gente. Cicatrici ci suggerisce però che le "imperfezioni" non dovrebbero essere motivo di derisione, ma una fonte di bellezza o riflessione. È proprio nella varietà dei corpi e delle storie, d'altronde, che c'è il fulcro della vita; perché ignorarne, allora, le loro origini e unicità?


Chiara, "Cicatrici", 2022-2024 di © Niccolò Zorza
La sensibilità di Niccolò si rende complice di ogni storia, decretandone il successo finale. A fare davvero però la differenza, mi racconta lui stesso, è stato più di tutto l'apprendere che non esistono cicatrici di serie A e B. Una cosa che lo ha cambiato dentro, facendogli rivalutare il peso di alcune avversità, che di fronte alle esperienze straordinarie di queste persone, sono divenute all'istante sciocchezze di poco conto. Questa immedesimazione nell'altro arriva anche a noi, che di cicatrici, magari, non ne abbiamo, ma che ora osservando quelle di altri impariamo a capirle un pò di più.
In Cicatrici ho rivisto strascichi di esistenze, e resistenze, umane. Potremmo passarci tutti da lì, da quella sensazione di inadeguatezza che solo una traccia indesiderata sulla pelle può inscenare. Tuttavia, vedere con quanto coraggio queste persone si sono messe a nudo davanti all'obiettivo, mi fa pensare che la fotografia abbia svolto qui un ruolo cruciale; che non tutto, in fin dei conti, sia spettacolo, ma un invito ad abbattere dei pregiudizi e il concetto moderno - e forse malato - di bellezza.
«Non tutti affrontano le cicatrici nello stesso modo», mi dice Niccolò, prima di chiudere la nostra telefonata. «Alcune persone hanno imparato a conviverci, accettandole; altre, invece, le odiano, e ne farebbero anche a meno. Per quanto possiamo ignorarle, però, una cicatrice è parte di noi. Per questo credo che vadano trattate con grande sensibilità. Raccontarle può essere l'inizio di un cambiamento collettivo duraturo».


Adele, "Cicatrici", 2022-2024 di © Niccolò Zorza
Chi è Niccolò Zorza?
Niccolò Zorza è un fotografo professionista di Meda. Inizia ufficialmente la sua carriera nel 2019. Racconta attraverso il ritratto; saltuariamente con la strada. Il suo stile è caratterizzato da uno studio attento della luce e dalla scelta di storie che si affacciano sul sociale e sulle esperienze più resilienti e discriminatorie del genere umano. Qui il suo Sito Web e Profilo IG.


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