Come l'acqua, come il gas, come la corrente elettrica vengono da lontano nelle nostre case a rispondere ai nostri bisogni attraverso uno sforzo quasi inesistente, così saremo nutriti da immagini visive o uditive, che nascono e svaniscono ad ogni nostro minimo gesto, se non cenno - Paul Valéry, 1928

Paul Valéry, scrittore francese dalla penna tagliente, scriveva così, in un saggio entrato alla storia per aver vaticinato, prima di tutti, il futuro effluvio di immagini digitali nella quotidianità dell'uomo moderno (La conquista dell’ubiquità, 1928).

Oggi la fotografia rappresenta lo strumento essenziale per comunicare, comprendere e rappresentare sensazioni, storie e pensieri che ci toccano personalmente e che in quel rettangolo luminoso acquistano maggior valore.

I fotografi moderni, ora uomini comuni più che specialisti della materia, utilizzano qualsiasi dispositivo a loro disposizione per preservare questa loro libertà di espressione e condividerla con il mondo.

Il risultato, spesso, è una produzione sconsiderata di materiale inoffensivo - la fotografia non colpisce, ma uniforma - e una diffusione altrettanto perversa di immaginari fortemente inconcludenti.

È un fiume in piena quello descritto da Paul Valéry e che oggi, incolumi, siamo costretti ad osservare, chiedendoci nella nostra posizione da spettatori e contribuenti quale sorte toccherà alla nostra fotografia.

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