La stamperesti mai questa fotografia? È la domanda che dovremmo porci un pò tutti di fronte a quelle immagini che, imperterrite, ci trascinano giornalmente in un’eterna indecisione morale — tra la piena consacrazione del nostro lavoro e un imbarazzante caduta delle nostre aspettative. Ma qual’è la vera utilità di questa scottante domanda?

La stampa: la prima arma per il fotografo indeciso

Fin dagli albori della fotografia si è sempre fatto usi di innumerevoli marchingegni per poter riportare su carta le nostre fotografie. Procedimenti indispensabili per il fotografo del passato che altrimenti non avrebbe potuto osservare il prodotto finale della sua creazione.

Oggi il digitale ha ribaltato le regole del gioco, garantendoci la possibilità di poter visionare le nostre creazioni, in totale risparmio di energie e denaro, tramite dispositivi multifunzione. Prima si stampava senza sapere cosa effettivamente poteva venirne fuori. Oggi siamo liberi di non farlo e di condividere in tempo reale il nostro lavoro con milioni di persone senza doverci muovere da casa.

Un frammento di un passato analogico.

Lasciando stare per un momento i pro e i contro di tale evoluzione tecnologica, mi soffermerei con voi su un quesito interiore alquanto interessante (da qualche anno entrato di diritto nella mia procedura di autocritica autoriale):

La stamperesti mai questa fotografia?

Questa è una domanda, insieme a molte altre che tengo nel cuore, che porta con sé gli strascichi di un indecisione che sembra irrisolvibile a molti; un quesito che esplicita un’ormai più che evidente incapacità di saper valutare oggettivamente il proprio operato.

Se una fotografia non merita di essere stampata allora molto probabilmente non ha tutte le carte in regola per poterci rappresentare in quanto fotografi.

Già da qui potreste intuire dove voglio arrivare, ma vi aiuto ulteriormente, rimodulandovi la domanda in questo modo: “Investireste soldi e pazienza in questa immagine stampandola? Ecco che qui cambia tutto. L’arcano è stato svelato. Quando si inizia a parlare di investimenti, monetari o mentali che siano, si inizia ad osservare le cose in maniera differente. Quell’immagine che prima ci sembrava il nuovo “Guernica” di Picasso perde immediatamente di importanza.

È un immagine come le altre: né più, né meno. C’è però anche il rovescio della medaglia: quello che a prima vista ci dava l’impressione di essere spazzatura, acquista un nuovo valore sotto una lente diversa.

Vedete allora, la domanda ha dato immediatamente i suoi frutti ponendoci in una condizione in cui, tramite alcune valutazioni attente, possiamo definire la qualità di una nostra fotografia. L’ho trovata schietta, profittevole ed intelligente.

Vi invito allora a porvela quando sarete indecisi sul da farsi. È un’arma fondamentale per scampare a quei dubbi esistenziali sempre più comuni a noi fotografi — soprattutto a quelli nati con il digitale, scevri di un passato in cui le fotografie dovevano essere meditate per non ricadere nella completa banalità.

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