La fotografia di strada è una continua corsa contro il tempo. Chi pratica questo genere spesso si comporta come un videogiocatore incallito alle prese con una sessione di gioco a punti: l’obiettivo finale è raggiungere il traguardo, con il punteggio più alto possibile e con i materiali giusti — in questo caso fatti fotografia — per poter dire di avere concluso bene il game.

Un approccio che va bene, che porta i suoi frutti, ma che spesso ci fa dimenticare che i soggetti inquadrati nel rettangolo luminoso sono persone, con una loro storia e un loro bagaglio esperenziale alle spalle, e non personaggi di un videogame.

Per questo, vedendo il lavoro di Sven Delaye, mi sono fermato per qualche istante, per capire cosa stesse accadendo dentro le sue immagini. Mi sono fatto diverse domande e ho capito che c’era ben altro al di fuori di queste semplici inquadrature riempite da questi visi tracotanti di energia.

Dietro al lavoro di Sven c’è una scelta ben decisa: fare un passo indietro, lasciando per qualche istante la via della fotografia di strada più esagitata, frenetica e disinteressata, per inserirsi in un filone fotografico più coscienzioso ed aperto al dialogo con i soggetti.

Instant Streets, 2020 © Sven Delaye

Da questo assioma ne è nata una serie, denominata “Instant Streets”: un enorme album sulla umanità, quella più vera e passionale, che prova ad interrogarsi sul destino e sulle storie di queste “cavie” spesso utilizzate da noi fotografi solo per fini puramente esibizionistici.

Chi sono quei soggetti? Cosa fanno nella vita e quali sogni hanno nel cassetto? Tutte queste domande inespresse vengono fuori e ci accompagnano nella visione di questa catalogazione, più emotiva che scientifica, di persone incontrate per caso in strada e nel mondo.

Un approccio che mi ricorda il lavoro sontuoso di August Sander, per l’impostazione e la mancanza di elementi estetici a cui appigliarsi, o a quello recente di Bruce Gilden, per le modalità realizzative.

Qui però, al contrario dei grandi nomi citati sopra, non c’è nessun pretesto politico od estetico a tenere in piedi questo teatrino a cielo aperto, ma solo una considerazione prettamente etica, legata al rapporto viscerale tra soggetto e fotografo.

Instant Streets, 2020 © Sven Delaye

Sven Delaye mi racconta che questa serie nasce dalla sua necessità di voler dar voce in capitolo ai suoi soggetti nel processo fotografico.

Pratica il genere della Street Photography da anni e spesso si è chiesto cosa pensassero i protagonisti delle sue fotografie al momento della realizzazione di “un’immagine rubata al tempo e allo spazio”.

Uno dei problemi principali della fotografia di strada, se vogliamo definirlo così, è la sua natura da “foto rubata”. Certo, la spontaneità è affascinante, ma che fine fa tutto quello che riguarda lo scambio di espressioni tra soggetto e fotografo?

— Sven Delaye

Ma come poter ottenere questo risultato senza farsi corrompere dall’iconografia del momento? Ci ha pensato su e alla fine ha deciso di sfruttare un semplice stratagemma per portare a termine questo suo personale ritorno allo stato naturale delle cose: si è munito di una fotocamera istantanea, una Fujifilm Instax SQUARE SQ20, e ha iniziato a chiedere ai passanti di farsi scattare una fotografia.

Una cosa semplice, imbadita sul momento e con l’utilizzo della città, e dei suoi elementi, come sfondo di questi incontri fortuiti. Niente immagini strappalacrime e niente inquadrature mozzafiato: ci sono solo riprese frontali, senza fronzoli e con al centro l’uomo e la sua anima.

Ha iniziato in Messico, nella zona di San Cristobal de las Casas, per poi non fermarsi più, tanto da collezionare, ad oggi, all’incirca un centinaio di fotografie tutte con soggetti e volti differenti.

La risposta è stata immediata, nel bene e nel male. Molti si sono incuriositi, altri invece hanno rifiutato di prendere parte a questo processo, ma il risultato, a conti fatti, ha comunque dello straordinario.

Instant Streets, 2020 © Sven Delaye

Instant Streets” sono foto semplici, dirette e catturate sul campo. Non c’è nessun segreto dietro alla realizzazione di queste immagini, ma solo un perenne sorriso stampato nei volti di queste persone.

Un accenno di interesse e una risposta che noi fotografi siamo abituati a ricevere da chi sta per essere immortalato dalla nostra macchina fotografica: << Dici cheese, sennò la magia della fotografia non sia avvera per davvero >>.

Ma qui c’è dell’altro, perché Sven, a differenza di altri fotografi, non scappa, ma regala la sua immagine, appena stampata dal suo apparecchio, al suo soggetto, sorprendendolo in questo gesto ormai inusitato e alquanto riverente.

Una forma di rispetto, di scambio, in cui tutti e due i partecipanti si concedono del tempo, si fermano ad ascoltarsi e a raccontarsi le proprie storie.

Eh si, sarà pur sempre una modalità annoverabile tra i ritratti di strada, già ampiamente analizzati e discussi in passato con voi lettori, ma la costanza e la qualità del contenuto raggiunge qui un livello che non può essere trascurato ulteriormente.

Sven ha ridato valore al ruolo del soggetto nel mondo della fotografia di strada e questa serie, in continuo aggiornamento, e spero presto in una forma ben studiata dal punto di vista dell’impaginazione e delle messa in esposizione, potrebbe davvero regalarci delle belle sensazioni in futuro.

Sven ci crede molto in questa cosa ed io, da osservatore esterno, non posso che augurargli solo il meglio.

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