Negli anni cinquanta, la scuola italiana vegetava in uno stato di totale abbandono. Dimentica per un momento le aule pulite e tecnologiche di questo millennio ed immaginati spazi risicatissimi condivisi da decine di studenti, pochi maestri e materiale didattico che basta a malapena a soddisfare i bisogni di ognuno.

Sembra una favola distopica, falsa e cattiva, eppure in passato la scolarizzazione era vissuta, grosso modo, proprio così: insufficienti percorsi scolastici in cui, se avevi fortuna, imparavi blandamente a scrivere e leggere, e poco più. Il minimo indispensabile, per molti, per rivolgerti ad un mondo non più chiuso in se stesso.

Erano anni particolarmente duri per gli italiani e la scuola, la principale istituzione pubblica adibita all'educazione dei cittadini, ne era il suo più sferzante riflesso.

Che poi, diciamola tutta, quello della scolarizzazione, in senso stretto, non era neanche il peggiore dei problemi. A rendere complesso l'insegnamento in Italia era soprattutto la netta differenza tra Nord e Sud, tra una dimensione sociale politicamente più ascoltata ed un'altra per cui, la scuola, era quasi un privilegio.

Scrivere e leggere era quindi una conquista o una condanna, in base alla parte dello stivale in cui ti trovavi. E questo, capisci bene, era un vero problema, a maggior ragione se più del 35% della popolazione rurale italiana era analfabeta.

Parte di questo disagio sociale ci viene raccontato in They Did Not Stop at Eboli di David Seymour, una raccolta di 30 fotografie recentemente ripescata dagli archivi dell'UNESCO (2019), che ripercorre la scolarizzazione dei paesi del Sud Italia (soprattutto quelli rurali, dislocati in Calabria) e la loro rinascita.

Un progetto di inestimabile valore, di cui non potevo fare a meno di raccontarti.

Dalla parte dei più deboli

David Seymour non è nuovo nella narrazione di storie che vedono protagonisti i più deboli e disadattati. Già qualche anno prima di approdare nel Sud Italia per raccontare il processo di alfabetizzazione del paese, aveva collaborato con l'Unicef per documentare la condizione di vita di molti orfani di guerra. Un lavoro unico, straordinario, capace di scuotere l'opinione pubblica e mettere in luce, come mai prima ad ora, l'ingiustizia e gli orrori del secondo conflitto mondiale.

Quel primo racconto, pubblicato poi in un libro dal nome Children of Europe (1948), è stata la prima tappa di avvicinamento alle scuole europee - documentate con alcune immagini di struggente bellezza - e al nostro paese: l'incontro ufficiale, seppur poco galante, tra un'Italia polverosa e uno dei fotografi del momento.

Tra le terre visitate in quel lungo viaggio: la Basilicata, la Puglia e la Campania, luoghi dove David ha riscontrato una delle peggior condizioni di vita possibili per i bambini e le loro famiglie, ma anche contesto in cui ha stretto forti legami di amicizia, come quello con Carlo Levi, autore di Cristo si è fermato a Eboli (poi scelto per accompagnare con i suoi testi le fotografie del reportage).

Sarà proprio Carlo Levi, in quegli anni, a spingere Chim (chiamato così dagli amici) ad interessarsi alla Calabria e al destino di tutti quei piccoli paesi a cui ben pochi giornali - salvo alcune rarissime eccezioni* - avevano dato risalto.

They Did Not Stop at Eboli è così, a primo avviso, un lavoro che prosegue nella falsa riga dei precedenti, con però una differenza di fondo: gestire un argomento strettamente legato al nostro territorio italiano e al futuro delle comunità rurali: l'analfabetismo, nello specifico, un qualcosa che causa malintesi e soggiogazioni.

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Tino Petrelli per L'Europeo (1948), più altri che verranno dopo.
Bagaladi, 1950 di © David Seymour

David Seymour ha dato vita ad un qualcosa di straordinario.

Il suo racconto è particolare e si districa su due filoni differenti: il primo, il più sostanzioso, incentrato sulle aule, gli attrezzi didattici e il rapporto degli studenti con la scrittura e lettura; l'altro, più marginale, ma non meno importante del primo, concentrato sul vivere quotidiano in una terra cristallizzata nel passato.

La Calabria in cui Chim si muove è infatti una Calabria che sa di mondo a parte.

David, da buon fotografo della vecchia scuola qual è, ammette di trovarsi subito in un luogo affascinante, tragicamente illuminato da vecchie tradizioni dure a morire e caratterizzato da una latente rassegnazione collettiva del sapersi completamente abbandonati, se non addirittura disprezzati, dal governo e dagli ordini politici.

Per lui è quasi una sorta di déjà vu. I campi coltivati e l'arretratezza urbanistica di queste terre, gli ricordano la Spagna, quella della Guerra Civile (il primo grande conflitto che ha seguito nella sua carriera). Alcune cose sono simili, si, altre, invece, direi uniche di questo territorio. Tra tutte spicca, a gran voce, la questione meridionale, artefice delle principali disparità economiche e sociali tra Nord e Sud.

Il clima e gli umori, come puoi capire tu stesso, non erano quindi dei migliori. Si faceva molta fatica a sostenere un programma scolastico adeguato per tutti e a convincere, la popolazione, a lasciare il lavoro sui campi a favore della scuola.

Tutto ciò, è ben visibile, nelle immagini di David Seymour: ritratti crudi, ma perfettamente descrittivi, di ambienti poco curati dallo Stato in cui studenti, di tutte le età, affrontano il percorso di alfabetizzazione costretti in aule minuscole, polverose e con riscaldamenti improvvisati (bracieri portati da casa o borse calde).

Luoghi, insomma, in cui studiare non era proprio un'esperienza idilliaca.

Roggiano Gravina, 1950 di © David Seymour

Ho speso qualche ora a guardare tutte le 30 fotografie presenti nel libro.

Ognuna mi dice qualcosa di diverso e lo fa con una cura che non ha paragoni.

Immagino che David Seymour abbia atteso molto, prima di premere il pulsante di scatto. Ho avuto questa piacevole sensazione osservando, banalmente, la qualità delle inquadrature e dei momenti fotografati. Sembrano privi di imperfezioni, come se Chim conoscesse da tempi i luoghi, i soggetti e la luce calabrese.

Ma, soprattutto, ad avermi stupito, è l'intelligenza nell'affrontare il tema.

Quello dell'analfabetismo, dopo tutto, è un problema, direi, impercettibile. Se ci pensi, non è una cosa che si vede, che puoi percepire. Lo puoi scovare, al massimo, nel momento in cui la persona che hai davanti è costretta a proferir parola, o a scrivere, senza l'aiuto di ChatGPT, una frase di senso compiuto. Altrimenti, salvo per pregiudizi o sensazioni, è quasi impossibile indovinarlo e, quindi, raccontarlo.

Come fare quindi a racchiudere una cosa simile dentro una fotografia?

David Seymour opta per la strada più lunga: rivivere, in prima persona, tutti i passaggi all'alfabetizzazione e trasformarli in fotografie vere, umane.

Attraverso uno sguardo ravvicinato, quasi intimo, con i suoi soggetti, David si immedesima perfettamente nella quotidianità di questi luoghi fermi nel tempo, cogliendone l'aurea ancestrale che riecheggia negli ambienti malridotti e gettando luce sugli sforzi dei singoli nel miglioramento di se stessi, una lettera alla volta.

Iconica, ad esempio, l'immagine di questo coltivatore concentrato in un esercizio di scrittura da scuola elementare (qui sopra riportata). La lettera "a", scritta e riscritta più volte, in quella pagina di un biancore accecante, contrasta con le mani rugose e sporche di terra abituate ad afferrare una zappa, più che una penna. La luce, drammatica, non fa che accentuare la liricità di un istante sospeso nell'etere.

Un dettaglio fortissimo, che da solo, potrebbe raccontare mille altre storie.

Sulle tre righe del foglio le "a" appaiono incerte come se a tracciarle fosse un bambino alle prime armi. Di sicuro lo è, anche se la sua età, indefinibile, non è quella d’un bambino, ma a guardare l’immagine dentro l’obiettivo della macchina fotografica c’è un altro bambino di trentanove anni - Marco Belpoliti, su Doppiozero.com

They Did Not Stop at Eboli riesce a comunicarci immediatamente l'entità del problema dell'analfabetismo nel Sud Italia, alternando proprio questi dettagli di penne, mani, sguardi e lavagne imbrattate di gesso - fondamentali per muoversi all'interno di un ambiente eccezionalmente parco, seppur molto descrittivo, come quello calabrese - con ritratti di persone riprese nel pieno delle loro mansioni.

Proprio i ritratti, a parer mio, sono le immagini più struggenti ed evocative.

David Seymour ha una bravura particolare nell'incanalare, in inquadrature compositivamente pulitissime ed efficaci, l'umanità dei volti dei suoi soggetti.

Costruiamo insieme un luogo in cui valorizzare la fotografia e i suoi eroi. Sostieni ora il Blog.

Nei provini rimasti intatti negli archivi dell'UNESCO (sono consultabili gratuitamente nella versione in PDF del libro) possiamo infatti notare tutti i passaggi che portano Chim a trovare l'angolo, la luce e la distanza ideali per valorizzare ogni individuo, senza accentuare troppo la tragicità del contesto.

Due, tre scatti per ognuno. Non li aggredisce, né guarda con pietà. Li rispetta e ne stima la dignità, la stessa vista in passato in chi è abituato a sostenersi con poco.

Tra le mie preferite della serie c'è sicuramente questa: un bambino, seduto compostamente su una panca di fortuna, mentre alza, quasi infastidito, per pochi istanti, lo sguardo verso David. Si mostra a lui in un'espressione a metà tra la noia e il gesto di sfida. L'indice sinistro alzato, sembra indicare qualcosa, ma che cosa?

I commenti qui non si risparmiano. C'è arte, ma anche un documento inflessibile.

San Nicola da Crissa, 1950 di © David Seymour

David Seymour conquista facilmente la fiducia di tutti i protagonisti delle sue fotografie. È come se fosse un loro lontano parente in visita di cortesia. Lo si guarda, inizialmente, con stranezza, ma dopo i primi convenevoli, spesso rotti da una cena che sfata ogni pregiudizio, lo si sente vicino, uno, appunto, di famiglia.

Proprio nella familiarità, unita all'umorismo ebraico di chi sa vedere, anche nel tragico, una forma di ironia e crescita personale, Chim fa ruotare il racconto di They Did Not Stop at Eboli, rendendolo così unico e portatore di speranza.

Non c'è infatti, nell'intero lavoro, una sola fotografia che urli disperazione, rabbia o volontà di sopraffazione sulle altre. Malgrado questo, le immagini arrivano al grande pubblico con una forza indescrivibile; ci raccontano, nella loro poesia, semplicità e trasparenza, la Calabria e la sua gente: affrante, ma pronte a rialzarsi.

Un super potere, quello di rendere tutto così naturale e poetico, che solo Chim ha, e di cui, lo ammetto, anche io da osservatore, ne sono profondamente invidioso.

Come riesce a fare tutto ciò, senza scadere nel drammatico, nel luttuoso?

Chissà. Sarà forse dovuto al suo viso, paffuto, simpatico, incorniciato dentro un occhiale tondo da intellettuale che lo rende affabile a tutti, e quindi meritevole di fiducia; oppure, verosimilmente, alla sua empatia e storia personale, di chi ha visto la sofferenza e sente di doverla raccontare, a modo suo, al mondo intero.

Indipendentemente da quale sia la verità di fondo, le immagini di Chim riescono nel loro intento, mostrandoci un popolo unito contro un nemico invisibile - l'analfabetismo - e una nuova generazione pronta a farsi in quattro per il futuro.

Sono immagini vere, come lo è, dopo tutto, il fotografo che sta dietro l'obiettivo.

San Nicola da Crissa, 1950 di © David Seymour

Un lavoro eccezionale il suo, che solo oggi possiamo apprezzare a pieno grazie alla rivalorizzazione degli archivi dell'UNESCO (avvenuta nel 2019 e che comprende, oltre alle immagini integrali, articoli, annotazioni e provini a contatto) e allo sviluppo di una narrazione sequenziale affidata totalmente alla Magnum Photos.

Una serie di fotografie che mettono in risalto il talento cristallino di David, spesso ignorato dalla critica, ma anche una profonda ipocrisia di fondo tutt'ora vigente nella società. La cultura, per quanto importante, è ancora messa in secondo piano.

Fa sorridere pensare che tutto ciò sia stato reso di nuovo di dominio pubblico sessantasette anni dopo, in un momento storico in cui i paesi e i borghi si spopolano di giorno in giorno e l'analfabetismo e l'ignoranza, più che scomparsi, sono diventate medaglie da mostrare fieramente in pubblico e sui Social Networks.

La scuola rimane noiosa, è vero, ma è ancora oggi la conquista più importante per il genere umano. L'unica arma contro l'indifferenza e il negazionismo dilaganti.

Ogni tanto, riguardare da dove siamo partiti, e le battaglie combattute da chi ci ha preceduto, non può che essere un promemoria a continuare a migliorare il mondo e a renderlo, una lettera alla volta, con le scuole e la cultura, un posto più bello.

They Did Not Stop at Eboli continua, insomma, a far rumore, ancora oggi.

Chi è David Seymour?

David Seymour, detto Chim, è un fotografo di origini polacche. È tra i soci fondatori dell'agenzia Magnum Photos. Ha raccontato, attraverso la sua inestimabile sensibilità, storie con al centro i bambini e le classi più deboli. Meno prolifico rispetto ai suoi amici/colleghi Capa e Cartier-Bresson, ma altrettanto cardinale nel racconto ad ampio spettro degli umori del XX Secolo. Tra i suoi lavori più importanti citiamo inoltre Children of Europe (1948).

Fonti utilizzate:
  1. They Did Not Stop at Eboli (magnumphotos.com)
  2. The unpublished album of David Seymour (unesco.org)
  3. Occhio rotondo 22. Scrivere (di Marco Belpoliti; doppiozero.com)
Il libro può essere sfogliato gratuitamente, in versione PDF
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