Marc Riboud e la sua Torre Eiffel. Ti sfido a trovare online un’altra immagine sul monumento più famoso in Francia che ti scateni in corpo lo stesso livello di adrenalina, misto a spavento, della foto del noto fotografo francese.

Non ne esistono. Puoi già fermare la tua ricerca. La fotografia di Marc è l’emblema di una Parigi che punta verso il successo e la conquista dei cuori di tutti i cittadini del mondo. E riesce a trasmettercelo con una tale intensità e semplicità da farci desiderare di essere tutti francesi, anche solo per qualche istante.

Questa fotografia, come molte altre entrate alla storia, nasconde un dietro le quinte meritevole di essere raccontato. Così lo faccio io, in questo articolo, affinché tu possa conoscere questo straordinario autore e perpetrare la sua esperienza altrove — o anche solo per farti l’acculturato con i tuoi amici, va bene lo stesso.

Quando la bellezza del momento sconfigge la paura

Immagina di trovarti ad un altezza inverosimile, con un equilibrio precario e con l’obbligo di portare a casa delle immagini per una commissione. Ecco, fa paura. Marc Riboud è un essere umano e la sola idea di andare a realizzare una serie di fotografie, in cima ad uno dei monumenti più alti del mondo, lo spaventa a morte.

Siamo nel 1953. La Torre Eiffel è in ristrutturazione e i fotografi fanno a gara per poter documentare questo evento per i giornali. Tra questi c’è Marc Riboud, appena sbarcato nel mondo della fotografia professionale, e pronto a calcare i terreni più pericolosi pur di poter proseguire nella sua carriera.

Marc soffre di vertigini, ma accetta immediatamente questa commissione. L’opportunità è troppo importante per lui. Rifiutarla sarebbe da folli.

Si organizza con gli operai. Carica la sua Leica con i migliori rullini in circolazione e sale lì sopra, con qualche titubanza, e con tanta paura, pregando affinché tutto possa finire nel più breve tempo possibile.

Come accade spesso nella vita, Marc assiste proprio lì, in quel luogo precario, paragonabile ad un campo minato per pericolosità, a quella che mi piace definire una vera e propria epifania.

Vede questa scena, di quest’uomo, un imbianchino, poeticamente rinominato dopo “pittore”, che si muove sulle travi con una leggiadria e spensieratezza da farti desiderare di assistere a questo spettacolo per tutto il resto della tua vita.

Non è un uccello e neanche un aereo: lo chiamano Zazu e i suoi colleghi assicurano a Marc che il suo è un vero e proprio dono. La sua eleganza e la sua capacità di sapersi librare in volo, come una libellula, senza imbracature di sicurezza, non è riscontrabile altrove. È lui il protagonista di questo musical a cielo aperto.

Avevo le vertigini e chiudevo gli occhi ogni volta che lui si chinava per intingere il pennello - Marc Riboud

Marc ha paura, ma non si perde d’animo. Si sistema alla meglio, anche lui sopra le travi, ed inizia a studiare i movimenti del suo soggetto. Uno, due volte: il pittore intinge il pennello nel suo secchiello, straordinariamente in equilibrio in una piccola porzione di spazio, e come un funambolo, torna sul palco, pronto ad esibirsi per un’altra volta ancora.

Il rullo che ha portato alla realizzazione del famoso scatto.

Il fotografo rimane abbagliato da questo rituale e dalla leggerezza con cui l’imbianchino porta a termine il suo compito. Eppure non c’è niente di definito: il pittore si trova costantemente in bilico tra la vita e la morte, tra la totale percezione della sua esistenza e l’oblio. Un passo sbagliato può decretare la sua fine da un momento all’altro.

Come fa, si chiede Marc, e ci chiediamo anche noi, a vivere felicemente con questo peso addosso, con la possibilità di potersi vedere cadere in qualsiasi momento?

Magia, bravura o semplicemente il desiderio di entrare alla storia. L’imbianchino sembra fare quello per cui è nato: meravigliare il mondo, e credo, nel profondo, che ci riesca come pochi altri.

La foto di Marc Riboud preleva dalla realtà, ma si trasforma in tutt’altro, in una finestra aperta verso l’immaginazione e il sogno. Vediamo il cielo e sappiamo di essere altrove, in uno spazio che non ci appartiene ma a cui vorremmo prenderne parte.

Uno dei tanti poteri della fotografia che Marc conosce bene e che utilizza spesso nella sua personale visione delle cose. Una grande immagine e una dimostrazione di come superare le proprie paure possa darti, a volte, delle grosse soddisfazioni (tipo un posto alla Magnum Photos o una copertina di LIFE, cose così).

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