Franco Fontana è un autore pazzesco. Le sue fotografie hanno fatto la storia e la sua spiccata sensibilità pittorica lo hanno reso il fotografo italiano oggi più imitato e citato nel campo della fotografia paesaggistica mondiale.

Le sue fotografie sono iconiche e il suo trascorso da fotografo, come quello di molti altri fotografi italiani degli anni 60′ e 70′ (vedi Nino Migliori), è stato segnato da enormi sacrifici e da tante porte sbattute in faccia.

Lo conosciamo tutti, eppure pochi sanno che Franco Fontana è stato anche un grande sperimentatore, oltre che un paesaggista fuori dagli schemi.

Franco ha sempre avuto a cuore la creazione dell’immagine in senso lato. Ha sempre ribaltato, contorcendolo e plasmandolo a sua immagine e somiglianza, qualsiasi strumento passatogli sotto le sue mani.

Lo ha fatto con la pellicola, in camera oscura, dipingendoci sopra e giocando con gli acidi, fino alla dissacrazione totale di quello che è per molti lo strumento dell’istantaneità e dell’intoccabilità del reale: la Polaroid.

Il suo primo contatto con essa avviene intorno agli anni ’80. Dalla prima occhiata capisce subito che da lei può ottenere più di semplici testimonianze delle sue vacanze estive o di pranzi in famiglia. Ci si può fare arte e farlo in una maniera mai vista prima ad ora!

Da quel colpo di fulmine nasce un progetto, Polaroids, oggi quasi introvabile sul mercato delle monografie ma, per fortuna, di recente finito in mostra presso le sale dell’Atlas Gallery di Londra. Sono 38 Polaroid, che toccano campi come quello della Street Photography, del nudo e della fotografia urbana mai trattati prima professionalmente da Franco Fontana nella sua carriera.

Ne avevo già sentito parlare in un documentario italiano, ma poterle visionare gratuitamente, in alta qualità, all’interno dell’archivio dell’Atlas Gallery, seppur in forma totalmente digitale, è stata davvero un’esperienza pazzesca.

Polaroids è la testimonianza più profonda ed intima di questo autore. Una testimonianza di come ci si possa reinventare e lasciare spazio, in fotografia, all’estemporaneità del sentimento. Una prova del nove, che ci conferma come questo fotografo si sia meritato, ancora una volta, tutta la fama guadagnatasi nel tempo.

Dopo averle viste ho scoperto un lato di Fontana che non mi aspettavo minimamente di ricevere. Un Fontana in formato quadrato, che lascia spazio al suo istinto e alla sua voglia di rompere la routine visiva della sua produzione autoriale.

Mi dimentico sempre che lui è uno di quelli vecchia scuola, uno di quelli che riesce a plasmare qualsiasi strumento e a farlo proprio in pochi minuti. Da quelle mani, e da quella mente, esce sempre qualcosa di straordinariamente bello da vedere ed interessante da pensare. Una cosa che, al giorno d’oggi, è sempre più rara da trovare nei fotografi contemporanei ma che fa piacere accoglierla quando si presenta a noi in maniera totalmente spontanea.

Ti volevo rendere partecipe di questa scoperta, così ti ho raccolto qui sotto qualche Polaroid del suo progetto. Spero che la loro visione ti stimoli a continuare a sperimentare e ad andare avanti con il tuo percorso fotografico: perché se ci è riuscito Franco Fontana all’età di sessant’anni, c’è ancora tempo per noi “comuni mortali” (trovi tutte le altre Polaroid sul sito dell’Atlas Gallery di Londra).

Fonti utilizzate:

  1. Franco Fontana: Polaroid (Atlas Gallery)
  2. Franco Fontana's Website
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