Immaginati uno spazio, metaforico, composto da una linea retta orizzontale e tre verticali; una zona neutrale, di quiete, in mezzo al caos, dove accadono cose e tante altre si accalcano per prendere posto in una fila chilometrica di eventi pronti a consumarsi tutti nello stesso luogo.

Immaginati ora di essere nella realtà, e non in uno spazio mentale, e prova a prefigurarti tutte le possibili azioni, episodi e personaggi che potrebbero transitare da quel luogo incriminato per rimanerci solo per pochi istanti: il tempo di un caffè, come direbbero alcuni.

Sono tante, non trovi? Forse infinite. Forse incalcolabili.

Hai appena concretizzato visivamente quello che Cesare Salvadeo, fotografo di origini ligure, si è trovato per anni di fronte alla finestra di casa sua: una panchina, di una piazza qualunque: un luogo di transito, dove persone, di ogni estrazione sociale, vivono la propria catarsi, in uno stadio a metà tra il grottesco e l'imbarazzante.

"La panchina" di © Cesare Salvadeo

Parte da qui, da questa prima osservazione del ribollire della vita comune, la costruzione di " La Panchina", una serie fotografica in bianco e nero semplice nella sua forma ma efficacissima nei suoi risultati.

Cesare ha indossato per anni le vesti di un voyeur, trascorrendo molto tempo a guardare il via vai di persone da quel simbolo urbano diventato, nel tempo, il suo giardino, in un'analogia hitchcockiana. Ne ha raccolto un'infinità di variabili, tutte diverse e tutte straordinarie, per poi collezionarle, e confezionarle, in un prodotto più concreto, mostrabile al pubblico.

La panchina è uno spazio magnetico: attira le persone, le permette di dialogare, di riposarsi, di cambiare espressione o di perdersi, per ore e ore, nella lettura di un giornale o nello scorrere compulsivo della bacheca di Instagram.

Quella di Cesare è paragonabile ad un confine, ad un limbo in cui le anime perdute sostano per pochi minuti, prima di scegliere da che parte andare. Supermercato o lavoro? Negozio di abbigliamento o fast food?

Sono tanti i personaggi che transitano da quel palcoscenico e pochi gli elementi che invece servono a comporre le sue scenografie. Cesare sceglie di impostare il suo lavoro in maniera molto semplice: stessa inquadratura, orari di punta ed obiettivo incentrato sulle persone.

Quello che si crea è una bolla, uno stato cuscinetto in cui tutto quello che si realizza è destinato a scomparire, a rimanere segretamente legato a quel momento, a quel luogo. Tutti abbiamo una panchina a noi cara e tutti, vedendola, ne ricordiamo qualcosa: un amore, un litigio o un incontro fugace.

Tanta poesia, ma anche tanto pragmatismo.

La visione di Cesare è trasparente, scevra di ampollosità. Per alcuni questa essenzialità di elementi potrebbe sembrar essere fin troppo banale, insufficiente, ma il risultato è, inaspettatamente, incredibile, divertente e fresco.

"La panchina" di © Cesare Salvadeo

La panchina assume il compito di accogliere gli umori di ogni individuo e lo fa senza controbattere, perché il suo ruolo, definito fin dalla sua invenzione, è questo: dar ristoro a chi ne ha più bisogno.

Una narrazione visiva, che diventa racconto, e che vede protagonista un oggetto, fatto di materiali industriali e privo di parola. Un'anima che accoglie i dannati al confine tra Paradiso ed Inferno. Una ricorsività visuale tipica del contemporaneo, che ci regala, quando l'idea è più forte di tutto, delle enormi soddisfazioni.

Ecco che allora ogni cosa, seguendo questo filone concettuale, assume un senso e anche l'oggetto più noioso di questo pianeta diventa l'ingrediente di una serie fotografica che ci parla di umanità, senza mai incontrarla del tutto.

La fotografia d'altronde è anche questo: saper trasformare il banale in straordinario; il prosaico in prezioso; l'estemporaneo in immortale.

"La panchina" di Cesare Salvadeo è uno spaccato sulla vita moderna e poter assistere a questi quadretti ironici, divertenti e spesso malinconici è un modo per evadere dal tedio della quotidianità.

Sporsi dalla finestra, per perdersi completamente. Una lezione che abbiamo imparato da anni, che ci hanno raccontato, con versi ed opere, i più grandi poeti ed artisti, ma che abbiamo presto dimenticato, scambiato con altro.

Cesare, nel suo fare immediato ed elementare, ne ha rinnovato l'essenza.

Non occorre andare alle Maldive per realizzare buone fotografie, a volte la vita te le offre senza neppure uscire di casa.

Chi è Cesare Salvadeo?

Cesare Salvadeo è un fotografo ligure. Si avvicina alla fotografia fin da bambino, dopo aver ricevuto in dono una macchina fotografica di bachelite. I suoi lavori sono stati raccontati sulle pagine del "il Corriere della Sera", " La Repubblica", "La Nazione" e "Il Secolo XIX". Collabora tutt'ora con "Il Giornale". Puoi vedere altri suoi lavori su Instagram o sul suo Sito Web.

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