Parigi. Il solo nominarla mi scuote le interiora. Il suono del suo nome mi trasmette immediate sensazioni: sento le strade affollate, come se mi trovassi fisicamente lì, e il chiacchiericcio delle persone, sedute ai Café, che con grande disinvoltura, addentano un croissant, lasciandone cadere qualche pezzetto sui vestiti.

È una città che ami, pur non avendola mai vista di persona. Ha un fascino intangibile: ne hai sentito parlare così tante volte nella tua breve vita da mortale, da esserti ormai entrata nelle ossa, come se fosse da sempre parte di te stesso.

Daido Moriyama se ne era innamorato da piccolo. Leggeva con voracità diverse riviste di arte e di fotografia, e capitava spesso di avere di fronte ai suoi occhi, tra una pubblicità di intimo, e un quiz sull’intelligenza, delle straordinarie immagini della città francese.

Per lui era il paradiso, il luogo in cui avrebbe voluto vivere fino alla sua morte. Diventa grande, fotografa, fa esperienze, ma l’obiettivo nella sua mente è sempre lo stesso: andare a Parigi, trovare una casetta modesta ed avviare lì la sua attività da gallerista.

Si rimbocca fin da subito le maniche. Il viaggio costa molto e allora si dà da fare per racimolare un pò di contanti utili ad affrontare questo spostamento in un’altra città. Fotografa per diverse riviste e lo fa tanto bene da essere apprezzato da tutti, anche da coloro che non sapevano un bel niente di fotografia. Nel 1988 i tempi sono ormai maturi e allora parte, ad inseguire il suo sogno.

Ma come sarà andata a finire tutta questa storia?

Beh, se questa storia fosse finita bene, non sarebbe stata raccontata e non sarebbe stata inserita in un progetto così importante per Daido Moriyama. Oggi, senza di lei, conosceremmo un altro Daido, magari peggiore della sua versione reale e magari sconosciuto al mondo della fotografia. Le cose non vanno sempre come ci eravamo prefissati in partenza e lui lo testò sulla sua pelle.

Daido fallì a Parigi. Si sentiva un estraneo in qualsiasi luogo in cui si trovasse. Ogni cosa gli sembrava spaventevole, oscura, e non riusciva ad entrare a contatto con le persone: le stesse che nelle sue immagini erano state da sempre al centro della sua ricerca. La fotografia gli venne in aiuto in quegli anni. Attenuò il suo pessimismo e il suo malumore permettendogli di scandagliare, a piccoli passi, la città che aveva da sempre sognato. Non la rese migliore, ma sicuramente più digeribile.

© Daido Moriyama

Solo che nelle sue immagini non vediamo la Parigi romantica e straordinaria tipica delle cartoline. È una Parigi tetra, oscura, abitata da mostri e strane creature.

È la Parigi nella mente offuscata di Daido, quella che lo tormenta nei sogni e che gli fa maledire ogni giorno il momento in cui decise di partire.

La sua vita lì fu straziante. Passava le sue giornate a camminare, vedere, bere ai café e, ogni tanto, quando si sentiva ispirato, fotografare con la sua Asahi Pentax. Ma questa cosa gli faceva più male che bene.

Sentirsi un estraneo, un alieno in mezzo alle persone, è una sensazione terribile, frustrante, come quasi vedersi rifiutato un lavoro, dopo averci speso tanti mesi ed energie di sopra.

La sua visione idilliaca della città si incrinò a tal punto da non riuscire a portare a termine il suo compito. Tornò in Giappone, con la convinzione che questa esperienza lo avesse stravolto, demolito parzialmente nell’animo, ma altresì stimolato a proseguire il suo lavoro da fotografo, e a lasciare agli altri tutto il resto.

Non si vince sempre nella vita e Daido lo sa bene e per questo non si è dato per vinto. Se bastasse una singola cattiva esperienza a minare tutte le nostre convinzioni, e tutti i nostri propositi, oggi non esisterebbero grandi fotografi o grandi artisti.

Non fatevi abbattere quindi quando tornate a casa senza un buono scatto o senza essere riusciti nel vostro primario intento. Ci vuole tempo e pazienza. Daido sarà pur sempre un super eroe nella nostra immaginazione, ma come noi, anche lui si é visto sbattute in faccia tante porte.

Per approfondire

Daido parla della sua esperienza in questo piccolo libriccino. Al suo interno, oltre ad una parte diaristica, un discreto numero di immagini, in pieno stile Moriyama, caratterizzate da uno stile tremendamente intimo ed inquietante.

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