Ho sempre avuto in mente un’idea della Sardegna fatta di misteri insondabili e di spiagge assolate. Un luogo che visto da lontano, dalla mia Sicilia, mi ha sempre molto affascinato per le sue innumerevoli tradizioni e per le sue usanze immortali.

Una concezione che ammetto sia stata nel tempo influenzata da tutte quelle immagini sparse nei Social Networks e ree di aver tessuto minuziosamente, come uno sceneggiatore cinematografico, una rappresentazione fiabesca di un’isola enigmatica e poco disposta ad aprirsi alle novità.

Ma quanto possiamo dire, da profani, di conoscere veramente la Sardegna? L’abbiamo vista spesso nelle fotografie di qualche Vip sfaccendato in preda ad un coma etilico o in qualche brochure impolverata di un’agenzia turistica di paese.

Immagini che neanche lontanamente possono sperare di raccontare tutto il territorio e tutte le particolarità di una terra che da sempre se ne è infischiata del voler rimanere a tutti i costi al passo con i tempi.

Codex Sardinia © Umberto Fara

Come fare allora a raccontare quest’isola senza inciampare clamorosamente in quei codici visivi e formali ormai fin troppo abusati? È stata una delle prime cose che ho chiesto ad Umberto Fara in riferimento al suo lavoro: Codex Sardinia.

Umberto mi racconta che per un fotografo non è mai facile trovarsi all’interno di questi contesti gravidi di stimoli visivi. Vieni colpito ripetutamente da simbolismi e da visioni che toccano lo spirituale, per poi imbatterti, subito dopo, girando semplicemente lo sguardo, in una normale scena di condivisione famigliare.

Non sai mai dove mettere prima l’occhio o a cosa dare la priorità. Una sfida quasi impossibile per un outsider che vuole solo portare a casa qualche cartolina da mostrare agli amici; meno invece per chi ci è nato e per chi ha vissuto quelle tradizioni in prima persona.

E forse solo così, mi spiega Umberto, si può davvero dare un’idea della Sardegna diversa ed aperta verso orizzonti inesplorati. Un processo che deve partire dall’aspetto narrativo e culturale, per poi finire in quello del linguaggio: perché le tradizioni e le usanze rimangono invariate, a cambiare è pero il modo in cui le si racconta.

Umberto sono anni che ci prova. Inizia a fotografare le tradizioni e le strade della sua terra da molto prima di capire che la fotografia potesse essere il suo mezzo di espressione preferito. Ma la consapevolezza del suo lavoro arriva dopo, in quel momento sacro per ogni fotografo, quando si riordina il proprio archivio personale per capire cosa farne di tutte quelle tracce di realtà.

Una chiarificazione che arriva nel 2018 anche se, come mi racconta lui stesso, era già dentro di lui fin dal principio. La Sardegna viene fotografata da decenni attraverso un filtro antropologico che chiude inesorabilmente le sue mille facce all’interno di un circuito monosillabico. Umberto ne è a conoscenza e vuole scampare a tutti costi da questo demone dello “studioso insensibile”.

Le sue fotografie sono infatti diverse: mirano ad evidenziare, attraverso un linguaggio fresco e dinamico, l’aspetto più umano e romantico di quelle tradizioni immortali. Ma non solo questo. Dentro il suo mirino ci sono anche le persone comuni: soggetti non visti più come creature misteriose o tribù sanguinarie, ma come individui di una società ramificata in un territorio orgoglioso della sua storia e delle sue usanze.

Presente e passato, in una eterna staffetta virtuale il cui punto di arrivo sembra essere un possibile libro fotografico, tanto desiderato da Umberto, e perfettamente incline a chiudere adeguatamente questo lungo percorso.

Codex Sardinia © Umberto Fara

Ho parlato di Street Photography all’inizio, è vero, perché Codex Sardinia vuole essere un un progetto molto vario e mai chiuso ad una sola interpretazione. Non c’è una sola storia, ma c’è ne sono tante e tutte mischiate fra di loro.

Lo avrai già notato da te: si passa repentinamente da visioni ritualistiche di scene affascinanti, a normali momenti di vita quotidiana. C’è sempre l’uomo come epicentro della ricerca, anche quando si nasconde dietro una maschera spaventosa che sembra dire “le foto qui non sono ammesse”.

La sensazione di rivivificazione del passato è talmente forte nei suoi scatti da chiederti a quale anno appartengano queste immagini e se non provengano da un’era in cui la fotografia era ancora realizzata con uno strumento ingombrante come quello del dagherrotipo.

Umberto Fara non è un viaggiatore del tempo: è un fotografo, in carne ed ossa, profondamente innamorato della sua terra tanto da immergersi in queste storie e in quei volti e ricoprire con loro tutta l’inquadratura del suo fotogramma.

Le sue immagini sono così frammenti coscienziosi di momenti indimenticabili che strizzano l’occhio al passato e che nel mentre abbracciano le nuove generazioni pronte a tramandare le stesse usanze ai propri eredi. Una cosa che, tra l’altro, scelgono di fare senza sforzo, e senza domandarsi troppo il perché. Fa parte della tradizione, ed è giusto così.

Umberto mi svela che l’utilizzo del bianco e nero, come anche di un’ottica grandangolare, è una scelta quasi obbligata per lui: senza di questi non potrebbe comunicare la sua idea personale della Sardegna ed uscire, una volta per tutte, da quella retorica dello scatto da turista. Ma è anche un modo di creare una connessione tra tutte quelle digressioni, o piccole interferenze, che scandiscono l’andamento della sua narrazione degli eventi.

Un piccolo processo visivo che se ci pensi fu avviato già tempo a dietro da grandi come Josef Koudelka o il più vicino a noi Ferdinando Scianna. Umberto non fa altro che prenderli ad esempio, cercando di rendere giustizia ad una terra attraverso l’utilizzo di un filtro unico ed aperto alla contemporaneità della società attuale.

Codex Sardinia © Umberto Fara

Seguo il suo lavoro ormai da anni e sono rimasto sempre abbagliato da queste fotografie che tentano di svecchiare una pratica comune come quella della fotografia degli eventi religiosi. Il linguaggio in questo caso è importante ed Umberto ha sempre anteposto il suo punto di vista sopra a tutto.

Perché la prima cosa che traspare nelle sue fotografie non è tanto l’evento in sé, sempre e comunque affascinante, ma il come ci viene raccontato attraverso l’utilizzo di una luce enigmatica e una profonda attenzione alla dinamicità dei protagonisti delle sue storie.

Lo senti nella pelle che quello che sta accadendo in quella inquadratura va oltre allo scambio culturale o alla documentazione fredda di un evento: è una vera propria festa per il cuore e per l’anima di ogni amante del genere umano.

Un lavoro che potrebbe non finire mai e che difficilmente potrà descrivere a 360° tutta la bellezza e la particolarità di questo territorio. Umberto ne è consapevole, ma è altresì convinto che nel suo piccolo abbia comunque smosso qualcosa negli animi di chi vedeva la Sardegna solo “come un luogo di spiagge assolate e di misteri insondabili”.

Una cosa che non tutti sono riusciti a fare, soprattutto se hai come materia di lavoro un paese ormai al centro di cronache giornaliere o di Stories su Instagram di perfetti sconosciuti. Codex Sardinia riesce a farci cambiare totalmente idea su questa dimensione e per questo, dal mio minuscolo spazio della mia stanzetta siciliana, ne sarò per sempre grato.

Puoi dare un’occhiata ai lavori di Umberto sul suo profilo Instagram o Sito Web. Puoi proporre il tuo lavoro per FOCUS da qui.
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