La fotografia è fatta di connessioni. Ci sono quelle latenti, che ci attraversano obliquamente, con un'energia impalpabile, e quelle reali, fatte di persone, sensazioni ed emozioni: un'enorme rete, ricamata da un filo in cui l'ago converge nella nostra mente, per poi attraversare ogni spazio, invisibile o visibile che sia.

In strada proviamo spesso la sensazione di aver intravisto, nei volti dei nostri soggetti, o nei contesti illuminati dal sole, queste stesse connessioni. Ne sentiamo l'odore, ne percepiamo la presenza: sono come vibrazioni, che si muovono tra di noi e che risplendono di vita propria.

La loro forza è indomabile, imperscrutabile e il loro manifestarsi, dal nulla, e in forme spesso imprevedibili, ci inquieta, ci disorienta e ci getta a capofitto in un mondo sinestetico in cui tutto assume un significato più intenso, più viscerale.

Matteo Capone è un pò uno specialista di questi legami. Attraverso la sua macchina fotografica, diventata un vero e proprio strumento di rilevazione del cambiamento repentino di energie, ha scovato nell'impianto cittadino queste variazioni, conservandole nella sua memoria per non vederle poi sparire del tutto.

Ne è nato un progetto fotografico, "Reti Invisibili", costatogli qualche chilometro percorso nelle strade romane e modenesi ed ancora oggi in corso d'opera: un addomesticamento totale, ma mai aggressivo, di queste creature invisibili che si prestano al rituale per un bene superiore: l'immagine, la testimonianza storica.

"Reti Invisibili" di © Matteo Capone

Matteo Capone è come un docile studioso, ne osserva il loro manifestarsi, per poi indurre il fenomeno a congelarsi, traendolo in inganno e catturandolo in quella camera oscura fatta di cavi elettrici, plastiche economiche e pixel luminosi: la fotocamera, diventata per l'occorrenza uno zaino protonico, utilizzato dai Ghostbusters per incapsulare i fantasmi colpevoli di misfatte nelle strade newyorkesi.

Invece dei fantasmi, Matteo, cattura istanti, persone in carne ed ossa, sovrapposizioni di forme e colori che sembrano essere costruite a menadito, messe lì da qualcuno, per quanto sono precise e studiate al millimetro.

Manifestazioni di un'altra esistenza, che esigono la nostra attenzione e che ci bisbigliano all'orecchio che qualcosa, lì davanti a noi, sta per accadere e rubare clamorosamente la scena.

Ma cosa sono in realtà queste "Reti Invisibili"?

Le "Reti Invisibili" sono ovunque e si muovono in una dimensione propria. Possono manifestarsi per brevi istanti, dall'accostamento dei piani di scatto, dal movimento convulso di un soggetto all'interno della scena o dalla luce che colpisce i nostri soggetti al momento giusto, nel luogo giusto.

È una catena inarrestabile di eventi, che solo alcuni sono in grado di vedere e di irretire nel proprio strumento. Noi fotografi siamo addestrati nel trovarle, ne abbiamo fatto un nostro vezzo, e il nostro unico compito è di rimanere lucidi, per catturarle e renderle visibili ai comuni mortali.

Una condanna, quella di vedere oltre le apparenze. Un fregio che ci accompagna per gran parte della nostra esistenza e che ci ricorda di avere un ruolo che va oltre la semplice comparsa: siamo testimoni privilegiati di vicende fuori dagli schemi.

Matteo non sembra sentirne il peso, perché la sua narrazione della quotidianità è limpida, diretta e trasparente. Il suo bianco e nero è la porta diretta verso questo mondo, fatto di vibrazioni e di sensazioni. Le sue inquadrature, ricche di toni e di elementi, ne sono invece la chiave di volta.

Quello che ci rende fotografi, d'altronde, è la nostra capacità di saper vedere dove altri normalmente non vedono, dove altri passerebbero oltre, perché la vita, vista da altezza d'uomo, è più noiosa di quanto sembri.

Noi andiamo a fondo, scendiamo nei meandri dell'ignoto, con la spada e lo scudo ben alzati, pronti a tutto e a tutti. Lo facciamo in strada, ma anche nei set fotografici perché non si sa mai quando saremo chiamati a contrattaccare.

Siamo creatori di immagini, ma anche sciamani pronti ad accogliere le allucinazioni che la realtà ci pone davanti. Saperne attrarre a noi le energie, ordinarle e ammansirle non è una sfida facile, ma d'altronde, cosa non lo è?

Matteo Capone e le sue "Reti Invisibili" sono in sintesi la conferma di un gioco architettato da un'entità superiore che agisce per vie misteriose. Noi, come spesso accade, ne siamo solo i suoi adorati succubi e le nostre fotografie, per certi versi, il tramandarsi della sua parola.

La fotografia è una scienza magnifica e svelarne i suoi misteri fa parte del gioco. Capirne le mosse è solo la prima fase di questo incredibile processo.

A volte vanno cercate, altre volte si presentano a noi come se fossero elementi di un set fotografico, altre volte sono invece solo frutto di una fortuna sfacciata. Le reti invisibili sono ovunque.

Chi è Matteo Capone?

Matteo Capone è un fotografo romano, classe '97. Si laurea in fotografia alla IED di Roma nel 2020. La sua ricerca fotografica è legata alla costruzione di immaginari che traggono ispirazione dal mondo dell'astrattismo e della poesia. Puoi vedere altri suoi lavori su Instagram o sul suo Sito Web.

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