Vuoi o non vuoi finisci sempre all’interno di un pezzetto di realtà sottratto, violentemente, dal suo stato di quiete.

Uno strano rapporto quello tra il fotografo e la sua fotocamera. A volte sono come due pezzi dello stesso puzzle: pronti a capirsi, e a compatirsi, quando gli intenti sono condivisi; altre volte sono invece due acerrimi nemici: in continuo scontro tra di loro e poco disposti a trovare un compromesso, come una coppia di sposini dopo tanti anni di matrimonio e di litigi.

Tu, soggetto delle foto altrui, ti ritrovi spesso in mezzo a questo intrigante scambio di responsabilità e, molte volte, acconsenti a diventare testimone di questa farsa momentanea.

Perché la curiosità ti rode dentro e non vedi l’ora di scoprire come andrà a finire questa storia.

E allora ti lasci ritrarre, sperando che questo ti permetta di poter ricevere la risposta a tutte le tue domande. Ma, come capita spesso, questa non arriva, e lo scambio di sguardi tra te e il fotografo si conclude con un sorriso e niente più.

Puoi decidere di sottrarti a questo rituale: si, puoi provarci. Ti allontani dall’obiettivo, ti copri il viso, ma nel momento in cui decidi di cambiare le carte in tavola, la macchina, che non giudica e risparmia nessuno, ti ha già catturato.

Si chiude il cerchio. Il fotografo torna a casa con la sua immagine e tu, protagonista di una storia che molto probabilmente non conoscerai mai, ritorni alle tue faccende quotidiane, come se non fosse successo niente.

© Nikos Economopoulos

“Niente e nessuno può sottrarsi allo sguardo di una fotocamera”, sentenzia Nikos Economopoulos e io, nel mio piccolo, non posso che non condividere in pieno questa sua idea.

Perché per quanto tu possa resistere a questo sortilegio, mettendoci tutto te stesso, lei ti immobilizza comunque, come se fosse la lampada di un genio, pronta a conservare per un tempo indeterminato la tua anima.

La fotocamera è un oggetto magico, che seduce qualsiasi persona gli si avvicini nel suo raggio di azione. Ti intrappola nelle sue grinfie e non ti lascia andare, senza prima averti asportato una piccola parte di te stesso.

Modifica il tuo comportamento e ti lascia esprimere sezioni del tuo carattere che credevi inesistenti. In una fotografia siamo noi, quello che pensa di noi il fotografo e quello che vogliamo che pensino di noi.

Un pensiero intrigato, come intricata è tutta la faccenda relativa al nostro rapporto con questo straordinario mezzo.

Ogni fotografia ci cambia e noi, sempre troppo indifferenti a questa faccenda, ci ritroviamo a rincorrere il nostro IO del passato.

Il gioco si ripete. Ogni giorno, e ogni volta, che passi di fronte all’obiettivo di una macchina, non puoi fare a meno di dire che questa “è la volta in cui lei non avrà la meglio su di te” ma, appena hai preso atto della tua decisione, incommensurabilmente, lei ti ha già sedotto per l’ennesima volta.

Che strana magia quella della fotografia, non trovi?

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