Quando scattiamo una fotografia siamo consapevoli di concentrare lo sguardo in una porzione infinitesimale della realtà. Trascuriamo per pochi istanti tutto il resto, allineando i nostri sensi in un’unica direzione possibile.

Ma cosa accade nel mentre nella altre porzioni di spazio? Se lo è chiesto Nino Migliori, che con la sua eccentrica invenzione, ha cercato di rispondere a questa fatidica domanda.

Crossroads: quando una sola fotocamera non basta

Un signore con una strana imbracatura, due fotocamere e un caschetto, cammina per le strade della Via Emilia, scatta fotografie e sorride ai passanti. Sembra l’incipit di un film di fantascienza, ma in realtà è solo l’ennesima trovata di un fotografo che in quanto sperimentazione, e spirito creativo, ha davvero molto da insegnare a tutti noi.

© Nino Migliori, Crossroads (2006)

Nino Migliori è uno a cui non piace stare con le mani in mano, e il suo portfolio non fa altro che ricordarcelo meravigliosamente in ogni sezione del suo sito, a più riprese, come se quest’uomo vivesse della sua arte — e forse è davvero così. Crossroads fa parte di quella linea più sperimentale, la più tecnica potremmo dire, trattata dal fotografo durante questi ultimi anni della sua carriera.

Nino si è chiesto come poter unire passato e presente, visione classica e visione anteriore, senza distogliere, neanche per un instante, lo sguardo dalla strada. Al centro del suo progetto quelle vie che lo hanno accompagnato nelle sue scorribande giovanili e che ora lo spingono a riosservarle con uno spirito differente, aprendo le porte all’ignoto e all’invisibile.

Nino Migliori qui a Londra, con la sua eccentrica invenzione.

Cosa ci lasciamo alla spalle quando fotografiamo le nostre scene? La nostra visione binoculare non ci permette di poter cogliere tutto quello che ci circonda, ma la fotografia ci viene per l’ennesima volta in aiuto, offrendoci una via trasversale per codificare un ulteriore porzione dello spazio a noi momentaneamente sconosciuta.

Il presente, quello che abbiamo davanti, e il passato, quello che si siamo lasciati dietro, si tengono la mano reciprocamente, in un binomio davvero enigmatico.

Ed ecco che veniamo allora incuriositi da queste immagini, disposte in dittici, che ci raccontano due storie differenti, due storie che si sono svolte nello stesso momento e che non fanno altro che ricordarci dell’impossibilità dell’uomo di poter conoscere tutto, e di poter controllare ogni frazione della propria esistenza.

© Nino Migliori, Crossroads (2006)

Noi scattiamo, osserviamo, facciamo nostro un momento, ma qualcosa ci sfugge sempre, nello spazio e nel tempo. Qualcos’altro accade intorno a noi: perché si, abbiamo l’impressione di fermare il tempo, ma lui invece continua a scorrere, imperterrito, come se vivesse in una dimensione a se.

Cos’ha più valore? Quello che abbiamo di fronte o quello che ci sta dietro? Una meravigliosa domanda che distorce la nostra concezione della realtà e della nostra esistenza.

Abnegazione, curiosità, visionarietà, chiamatela come volete, ma il lavoro di Nino Migliori è splendido nella sua apparente banalità. Sarà pur un caschetto con due fotocamere, ma è una trovata che ci spinge ad aprire la mente e a farci ragionare su quante occasioni abbiamo perso in passato e quante altre ne perderemo.

Un ulteriore motivo per rattristarsi? No, un motivo in più per ricordarci come la vita nasconda sempre delle grandi ed inaspettate sorprese. Basta ogni tanto voltarci indietro.

Fonte: Fondazione Nino Migliori
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