La nostra esistenza è costellata di luoghi. Ci sono quelli a noi cari, riconoscibili dai suoni, dagli odori e dalle vallate che hanno tratteggiato parte dei ricordi della nostra infanzia, e poi quelli estranei, visti solo di passaggio, in qualche depliant di un centro informazioni e subito dopo rimossi dai nostri pensieri.

I luoghi li ami o li odi. Li offendi, come se fossero delle persone vive, mute e in carne ed ossa, pronte a resistere a qualsiasi vilipendio e disposte a tutto per sopravvivere, e al contempo li preservi, come regni della tua immaginazione per cui saresti pronto a sacrificarti e da cui non vorresti mai separartene.

La vita ci mette in continuazione a contatto con luoghi, strade e città e, per certi versi, non percorrerle, o darle per scontate, sarebbe un’opportunità sprecata.

Valparaiso è stata per Sergio Larrain un pò questo, e tanto altro: una casa, una di quelle ritrovate casualmente nel proprio percorso di vita e che lo ha accolto a braccia aperte; una donna, avvenente e misteriosa, che ti ammalia, facendoti cascare nei suoi tranelli; ma anche un’amica, pronta ad ascoltarti e a tenderti la mano, quando le cose si fanno più difficili.

Valparaiso, Chile, 1963 © Sergio Larrain

Sergio Larrain ha passato due anni della sua vita ad immergersi nell’anima di questa città. Ci è entrato da errante curioso, per poi uscirne da perfetto conoscitore di ogni anfratto e di ogni angolo di questa dimensione ignota.

Ne è nato un lavoro fotografico, forse il suo più famoso, forse quello che meglio definisce i suoi umori e le sue ragioni di vita. Un capolavoro, a detta di molti, che ha assunto nel tempo il difficile ruolo di garante di quella profondità della visione fotografica oggi inseguita da tutti.

Ma cos’è stata Valparaiso per Sergio Larrain?

Le strade di Valparaiso sono state un ottimo insegnante per il fotografo cileno. La loro inclinazione, data dai pendii di una zona collinare adibita al commercio e allo scambio portuario, lo hanno allenato a vedere le cose da un punto di vista complesso.

Non a caso, molte delle fotografie di questa serie, scandite da un bianco e nero rigoroso, e da una composizione quasi maniacale, riportano un formato verticale: un omaggio, alla conformazione del terreno di origine ma anche un segno di riguardo nei confronti di una visione aperta agli aspetti più affascinanti della vita quotidiana.

Un vero e proprio racconto, quasi un diario personale, su quella che è l’esperienza del vivere senza preconcetti e dell’osservare l’esistenza con un fare più ottimistico e coscienzioso.

Valparaiso è una terra baciata dal sole e segnata dalle contraddizioni. Uomini, donne, bambini e cani randagi vivono all’unisono in un territorio sordido, che sembra essere fermo nel tempo e scandito dal rintocco della campane.

In questi frammenti di realtà catturati da Larrain i soggetti entrano ed escono dall’inquadratura da ogni direzione. E come se il fotografo volesse accerchiarsi di elementi, di visi familiari, per riempire le proprie visioni di punti di ancoraggio, di respiri e di manifestazioni di vita.

Tanta poesia, ma anche tanto perfezionismo. I tagli decisi e le diagonali vertiginose rendono le immagini di questa serie estremamente energiche, furiose. Ogni elemento sembra essere sapientemente studiato per rilasciare una sensazione di spaesamento, di ambiguità, come se le vicende presentate fossero dei piccoli scorci dentro la mente allucinata di un vecchio pensatore.

Ci entriamo, ne usciamo e ritorniamo sempre lì. Sono dei dejavù, in continuo divenire, che ci tengono incollati in questi immaginari pregni di realismo magico e di mistero: scene già vissute, in un’altra vita e in un’altra dimensione. Il potere del realismo magico in tutta la sua forza.

Il mondo convenzionale ti mette i paraocchi, dobbiamo abbandonarlo quando ci dedichiamo alla fotografia.

— Sergio Larrain

Quella di Larrain è una Valparaiso che ci parla senza filtri, guardandoci dritto negli occhi e ricordandoci la nostra transitorietà. Il tempo e lo spazio cedono il passo alla visione, all’interpretazione dell’osservatore, ed ogni istante registrato dalla pellicola del fotografo sembra essere incapsulato in una palla di vetro: viene preservato per rimanere intatto, sfuggente e puro agli occhi del pubblico.

È incredibile constatare come Larrain riesca a trovare la bellezza anche nella miseria e nel tedio. In questa terra tartassata da pregiudizi ed ipocrisie, famosa per i bordelli e lo stile di vita bohemian, c’è una luce che trasforma tutto in un mondo onirico.

La intravedi di sfuggita, nei visi di questi bambini o nelle strutture consunte dal tempo e dalle indicibili lotte civili; la vedi anche lambire i vestiti delle donne, intente a ricamare un vestito, o negli occhi incantati di quella barista diventata un’icona di questo incredibile lavoro; la vedi e l’apprezzi, perché è lei a tenere tutto in vita.

Bada bene, non è mica facile farsi trasportare così tanto dalle sensazioni e rimanere, nel mentre, lucidi. Il connubio tra ignoto e quotidiano, tra oscuro e pubblico — due facce della stessa medaglia — si scambiano continuamente i ruoli, rendendo questa ricerca intimistica e poetica un viaggio dentro l’anima di Larrain, attraverso il territorio cileno.

Non sono documentazioni, né foto di reportage, ma manifestazioni di umanità che vanno oltre il tangibile, l’esplicabile, e che ci fanno porre diverse domande su di noi e sul destino di questi luoghi.

Luoghi….luoghi…siamo tornati all’inizio del nostro racconto, a parlare di luoghi e di ambienti, perché qui, se non ti fosse ancora chiaro, si rende ancor più evidente come la fotografia sia di nuovo uno strumento di decifrazione e di consapevolezza, un sintetizzatore di umori, pensieri e istanti.

La Valparaiso di Sergio Larrain è un luogo espanso, che sa un pò di casa nostra e un pò di estraneo. In parte ci appartiene e in altra parte no. Quella che ci trasmette questa terra, a prescindere da tutto, e alla fine dei conti, è una profonda voglia di curiosare e di tornare all’essenza delle cose, quelle vere.

Perché solo tramite la trasparenza, la caduta delle convenzioni e delle maldicenze sociali, come ci ricorda lo stesso fotografo, si può tornare a vedere le cose per quello che sono: regali dell’esistenza, fatti a noi per essere colti e conservati nel cuore.

Questo luogo, e quei volti, seppur lontani nel tempo e nello spazio, e seppur estranei alla nostra memoria, rimarranno per sempre impressi nella nostra mente. Sergio Larrain ha sconfitto la mortalità.

Chi è Sergio Larrain?

Sergio Larrain è un fotografo cileno nato nel 1931. Amante della musica, della fotografia e della natura, entra ufficialmente nei ranghi della Magnum Photos nel 1961 dopo un colloquio, storico, con Henri Cartier-Bresson. Lascia tutto per la poesia nel 1968 (morirà qualche anno dopo).

Fonti utilizzate:
  1. Magnum Photos
  2. New York Times
  3. Officine Fotografiche
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Fare la differenza

Diffondiamo insieme la cultura fotografica lontano dal brusio delle piattaforme moderne. Con due spicci, sostieni con me il peso, e le spese, di questo compito.

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